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Le tratte dal canile di Ischia: dalla battaglia al processo – di LUIGI GAETANI D’ARAGONA

 Il prossimo 19 dicembre avrà inizio, dopo oltre cinque anni dall’apertura dell’inchiesta, il processo ai gestori del Canile di Panza, sull’isola di Ischia, rinviati a giudizio dalla Procura di Napoli con l’imputazione di aver creato una solida e sufficientemente abbozzata associazione criminale a quanto appare finalizzata al commercio illecito di

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 Il prossimo 19 dicembre avrà inizio, dopo oltre cinque anni dall’apertura dell’inchiesta, il processo ai gestori del Canile di Panza, sull’isola di Ischia, rinviati a giudizio dalla Procura di Napoli con l’imputazione di aver creato una solida e sufficientemente abbozzata associazione criminale a quanto appare finalizzata al commercio illecito di

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Focus

Chiarezza e risposte per Rocket

12 gennaio 2011


Dal 7 agosto scorso Rocket, una cavalla di cinque anni, è rinchiusa in isolamento dentro un box a causa di un’ordinanza di sequestro sanitario emessa dal Comune di Poli, dove risiede la famiglia delle sue proprietarie.
  La richiesta di sequestro ha origine dalla ASL di Tivoli, che il 12 giugno 2010 effettua su Rocket il normale prelievo per il test di Coggins, che ha scadenza annua ed è obbligatorio per prevenire la diffusione dell’anemia infettiva equina. 
  I risultati del laboratorio Izs di Roma danno Rocket positiva al test di pre-screening ELISA, ma negativa a entrambi i test AGID/Coggins, che sono quelli riconosciuti dal protocollo ufficiale e dal manuale dell’OIE.
  Comunque, la ASL richiede l’isolamento cautelativo (se presente, l’anemia infettiva equina si trasmette da cavallo infetto ad altri soprattutto attraverso eventuali punture di insetti). 
  Il 13 luglio si effettua un secondo prelievo. Il pre-screening ELISA questa volta è dubbio, mentre gli AGID/Coggins rimangono rigorosamente negativi.
  A questi, la ASL aggiunge un test chiamato IMMUNOBLOTTING, assente da qualsiasi protocollo ufficiale, che risulta positivo.
  Così, Rocket viene posta definitivamente sotto sequestro sanitario e chiusa nel suo box. Benché ampio, benché accudita con ogni attenzione dalle sue proprietarie, in ogni caso si ritrova in una situazione innaturale, malsana, triste e assai pericolosa, poiché l’immobilità più di ogni altra cosa espone questi delicati animali al rischio di coliche.  
  Bisogna sapere che, un tempo, per i cavalli riconosciuti positivi al test di Coggins (e Rocket non lo è!) era obbligatorio l’abbattimento.
  Oggi, è a discrezione del proprietario. Ma la legge impone l’isolamento, allo scopo di evitare ogni possibilità di contagio con altri cavalli.
  Dunque, bisogna trovare un luogo giudicato dalla ASL di competenza a distanza di sicurezza da qualsiasi centro che accolga equini, e lì organizzare la nuova vita del proprio cavallo.
  Molte persone non sono interessate a farlo, o non possono, perciò decidono di abbattere l’animale.
  Non è il caso di Annarosa Ceracchi e delle sue figlie Jessica e Morena, che hanno cresciuto la loro cavalla in giardino da quando aveva tre anni e sanno che Rocket è sana, com’è dimostrato dal test di Coggins.
  Durante questi mesi, la famiglia di Rocket si è appellata al TAR senza ottenere il dissequestro, ma il ricorso è pendente nel merito. La Regione Lazio nel bur del 28 dicembre 2010 conferma che i test ufficiali di riferimento per l’anemia infettiva equina sono i Coggins: l’IMMUNOBLOTTING non trova alcun conforto nella normativa.
  Tuttavia, è rimasta finora inascoltata la preghiera di ripetere per la terza volta gli esami di Rocket, con l’invio di un campione di sangue all’Università di Perugia.
  Certi del fatto che la ASL abbia voluto, in questo caso, compiere il proprio dovere con particolare scrupolo, attraverso il Respiro abbiamo formulato un appello al Ministero della Salute, chiedendo l’immediata revisione della situazione di Rocket, poiché la procedura seguita appare di fatto irregolare.
  Risposte tempestive, almeno, per chiarire una situazione che si trascina da troppo tempo.
  Recludere per oltre cinque mesi un animale, e condannarlo, su base non supportata dalla normativa, costituisce un precedente di arbitrarietà preoccupante e grave per tutti quei cavalli che, meno amati e seguiti di Rocket, possano essere abbandonati e uccisi.

  A chiedere tempestiva chiarezza e tutela per Rocket si è unito anche l’ENPA – Ente Nazionale Protezione Animali.
  




3 Commenti on-line:
  1. sergio scrive:

    Mi permetto di segnalare che la soppressione di un equide affetto da AIE non è mai stata resa obbligatoria (vedi anche il regolamento di polizia veterinaria e tutte le circolari e ordinanze ministeriali emesse in questi ultimi anni) e che l’eutanasia di un equide, anche positivo al test di Coggins ma non in presenza di altre particolari patologie che ne consiglino l’impiego, potrebbe prefigurare il reato di maltrattamento ai sensi della 189/04. E’ da tenere inoltre presente che il 90% circa degli equidi sieropositivi manifesta la malattia in forma asintomatica e in tale stato è quasi impossibile il contagio di altri soggetti attraverso la via naturale.
    Grazie per la vostra segnalazione web.
    Saluti

    • LVDA scrive:

      Non è esattamente così. Un tempo l’abbattimento dell’animale infetto era assolutamente obbligatorio. Per diversi anni, poi, l’AIE in Italia è stata considerata del tutto debellata, fino alla scoperta di nuovi casi, nel 2006, che hanno comportato la reintroduzione obbligatoria del test di Coggins. Nel frattempo però, grazie all’evoluzione della sensibilità comune riguardo il valore affettivo dei cavalli, è stata concessa ai proprietari dei soggetti che vengono riscontrati positivi la facoltà di scegliere. Chi decide di sopprimere il proprio cavallo procede in tal senso, ma chi ha a cuore la sua vita, se ne ha le capacità, può tenerlo, purché sia isolato da ogni altro equide con una distanza minima di 200 metri (prima erano 500). Tale infatti si considera la lunghezza del volo di tafani, zanzare o altri insetti, principali vettori capaci di trasmettere il virus da un soggetto infetto a uno sano. Per fortuna, le misure preventive e i controlli sono capaci di dare ottimi risultati, tanto che le statistiche ci danno un’incidenza di contagio davvero bassa, ed è importante che le Asl svolgano il proprio lavoro con coscienza e serietà. Tuttavia, esistono parametri ufficiali da cui è altrettanto importante non derogare, e prassi che richiedono chiarezza. La tutela degli animali dovrebbe comunque essere alla base dell’intera strategia sanitaria, con particolare cura verso i cavalli sani, asintomatici come giustamente menzionato, allo scopo di evitare imperdonabili errori.

  2. Antonio scrive:

    Nel 2007, quando Nestore, un cavallo che viveva qui da noi in un branco di dodici equidi fu riscontrato positivo, solo lui, ai neo-controlli obbligatori sull’AIE, rimasi sbigottito. Ma come? Mi sembrava impossibile che quella malattia che mi volevano far credere pericolosissima e di rapida infezione fosse rimasta con Nestore per tre anni senza far ammalare né “positivizzare” nessuno degli altri cavalli che condividevano con lui il pascolo notte e giorno da quattro anni. Iniziai così a capire che i cavalli positivi alla AIE non erano poi questo grande pericolo e che dietro tutto ciò c’era spesso soltanto il timor panico per ciò che si conosce poco e, forse, anche altro.

    Messo Nestore in isolamento in un paddock di un paio di ettari iniziammo a cercargli un compagno, per rispetto verso la sua natura di animale sociale e fu così che la nostra Associazione è entrata in contatto con moltissimi proprietari di equidi sani che in qualche modo erano entrati in contatto col virus. Alcuni proprietari hanno ceduto alle pressioni ed hanno macellato il loro cavallo, altri hanno combattuto. Adesso in quel paddock ci sono sette bellissimi e sanissimi cavalli positivi alla AIE i cui proprietari hanno dovuto combattere una guerra perché il loro diritto di mantenere in vita il proprio cavallo fosse rispettato dalle istituzioni.

    Nella campagna di controlli 2009 le ASL italiane hanno controllato più di 237’000 equini; 338 sono risultati positivi e destinati quindi all’isolamento o alla macellazione (è opinione di chi scrive che l’abbattimento di un cavallo sano positivo al test rientri nel reato di uccisione di animali; art. 544-bis CP). Per una malattia trattabile e di difficile diffusione, effettuare ogni anno più di 200’000 test è uno sforzo organizzativo ed economico notevole. Specialmente se poi si riscontra una positività dello 0,14%, cioè praticamente insignificante, nonostante che il 2009 sia forse il primo anno in cui i test sono stati veramente effettuati in tutta Italia o quasi.

    La normativa comunitaria prevede che negli scambi tra paesi EU si verifichi sommariamente che gli equidi non abbiamo i segni clinici della malattia (quindi in linea teorica potrebbero essere tutti positivi e sani come i nostri), è infatti scientificamente provato che i cavalli positivi non sono probabili veicoli di contagio; solo quelli malati lo sono. La maggior parte dei paesi europei comunque effettua dei test per l’AIE ma solo su quegli equidi che partecipano a manifestazioni sportive o concentrazioni di una certa entità. In Italia si prelevano e si testano ogni anno più di 200’000 campioni di sangue, indipendentemente da che il cavallo vada a una competizione con centinaia di altri cavalli, vada a fare una passeggiata o viva beatamente nel giardino di casa in compagnia di un altro equide e del suo proprietario. Riusciamo a immaginare lo sforzo organizzativo ed economico nell’andare a prelevare ogni anno 200’000 campioni talvolta nelle zone più impervie della penisola?

    Lo 0,14% degli equidi è positivo e più del 90% di questi è e resterà sano per tutta la vita e non sarà veicolo di contagio. Per una malattia che colpisce in forma conclamata lo 0,01% degli equidi sul territorio nazionale, per una malattia non facilmente trasmissibile, noi mettiamo su una organizzazione faraonica per contrastarla analizzando il sangue di tutti i cavalli presenti sul territorio. Anzi no. Di quasi tutti; non testiamo infatti i cavalli allevati o importati per la macellazione, anche se vengono da regioni paludose d’Europa dove la malattia, a causa dell’altissima presenza di vettori e l’assenza di trattamento per i cavalli malati, è endemica. Questi cavalli importati e potenzialmente positivi (80’000 nel 2006), nei loro viaggi della morte condividono le stalle di sosta con i nostri cavalli che vanno ai concorsi, che pure non si infettano.

    L’OIE (Organizzazione mondiale della sanità animale) prevede due test diagnostici per l’AIE: l’ELISA e l’AGID (o test di Coggins). I risultati positivi dell’ELISA devono comunque essere confermati dal Coggins per parlare di positività all’AIE. La normativa italiana utilizza ovviamente lo stesso schema dell’OIE: se il Coggins è negativo anche il cavallo è considerato negativo alla AIE.

    I giornali hanno parlato recentemente di Rocket, una cavalla che vive con le sue proprietarie nella provincia di Roma. La nostra associazione sta seguendo il caso sin dall’estate scorsa quando le è stato fatto il prelievo annuale di routine per l’AIE. ELISA positivo, Coggins negativo. A scanso di equivoci è stato fatto un secondo prelievo: ELISA dubbio, Coggins negativo. Molti di noi avrebbero dedotto che la cavalla è da considerarsi negativa. La ASL ha voluto effettuare un altro test di conferma, l’Immunoblotting, test non specifico per l’AIE e di attendibilità molto discussa nel mondo scientifico. Positivo. Cavalla sotto sequestro sanitario. Le proprietarie richiedono almeno la ripetizione del test, magari facendolo effettuare anche da un laboratorio terzo. No. Non concesso. Perché?

    I dubbi che vengono alla mente sono tanti. Perché si è voluto a tutti i costi, anche andando contro la normativa in vigore, dichiarare quella cavalla positiva? E poi, quanti dei cavalli testati nel Lazio hanno subìto tale accanimento per riuscire a trovare una (falsa) positività? La percentuale di cavalli riscontrati positivi nella regione Lazio nel 2009 è del 400% più alta rispetto alla media nazionale; davvero l’AIE è così radicata nel Lazio o il caso di Rocket è solo uno dei casi in cui si è fatto ricorso a “tecniche alternative” col preciso fine di dichiararne la positività? Quanti cavalli sono stati macellati perché dichiarati positivi con un test non ammesso e non sicuro essendo il test di riferimento negativo, cioè quanti proprietari si sono arresi all’arroganza del potere? Perché a novembre il Direttore della Regione Lazio si è sentito in dovere di ricordare ai veterinari delle ASL che l’unico test di riferimento è il Coggins?

    Il piano di controllo dell’anemia infettiva risale al 2007. Nel 2006 infatti alcune sacche di plasma immunizzante infetto furono utilizzate in alcuni allevamenti in Italia e vendute anche all’estero. L’origine di quel plasma era italiano, ricavato da animali rumeni importati per il macello. Ne seguì uno scandalo internazionale. “Il blocco dell’ importazione da paesi non garanti del rispetto di norme sanitarie, benessere e diritti animali sarebbe un valido sistema di prevenzione” disse in una intervista al Corriere della Sera l’allora Ministro per l’Ambiente Pecoraro Scanio. Valido e poco costoso, questo sistema avrebbe da un lato difeso gli affetti di quanti non vedono nel proprio cavallo solo un mezzo di locomozione o di sport ma un compagno di vita, dall’altro avrebbe imposto un miglioramento delle condizioni nei paesi di origine (la Svizzera, peraltro, ha da poco adottato una misura simile a quella suggerita cinque anni fa dall’On. Pecoraro Scanio).

    E invece siamo arrivati alla follìa di voler effettuare i test ogni anno sull’intera popolazione equina di una nazione. Addirittura stiamo cercando di far risultare positivi cavalli che non lo sono. Per quale motivo? Il veterinario che ha preparato quelle sacche di plasma nel 2006 è stato davvero così privo di ragionevolezza e professionalità da non far fare dei test all’Istituto Zooprofilattico? Ho difficoltà a credere che questo faraonico piano di controllo sia stato istituito per motivi strettamente sanitari vista la trattabilità della malattia, la bassissima infettività e la scarsa presenza sul territorio nazionale. Cosa dovremmo fare allora per la Leishmaniosi dei cani che ha una diffusione nazionale del 2600% più alta della AIE, può trasmettersi anche gli umani e ha effetti spesso devastanti sull’animale?


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Cartesio o René Descartes (1596-1650)
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E' una bella prigione, il mondo. (da Amleto)
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Per chi intraprende cose belle, è bello soffrire, qualsiasi cosa gli tocchi.